Una vita nel calcio e per il calcio. Storia della famiglia Cherobin
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 12 Marzo 2014Due cursori di fascia, uno destro e uno mancino, un rapace d’area ed un allenatore nato. La famiglia Cherobin, sul terreno di gioco, si disporrebbe così: Luciano terzino destro, Oscar, suo figlio, sulla corsia sinistra, Alessandro, fratello di Luciano, davanti, e Michele, figlio di Alessandro, in panchina. I Cherobin, tutti accomunati da una viscerale passione per il calcio, sono in realtà diversissimi: Luciano un duro, mordace, vincente ad ogni costo; Alessandro più pacato, dedito prima alla tecnica e al bel gioco che al risultato; Oscar corridore silenzioso, giocatore dal mancino vellutato, capace, di tanto in tanto, di sfornare colpi ci classe eccelsa; Michele nato per la panchina, per stare in un gruppo e valorizzarlo, senza mai alzar troppo la voce. Tra di loro il rapporto è stretto, intenso, anche per motivi lavorativi. Oscar e Luciano da una parte, Michele e Alessandro dall’altra, lavorano accoppiati nella stessa azienda. Il calcio colora anche le rispettive vite aziendali: basta guardare le pareti. In ogni dove ci sono foto, attestati, ricordi di un tempo e di un calcio che fu. Sui muri c’è appeso il passato ruggente, quello che li ha fatti sorridere, gioire, talvolta imprecare, rappresentando per lunghi tratti la loro stessa esistenza. Perchè la loro storia nel pallone racconta di più di cinquant’anni spesi per i campi di calcio, in cui hanno raccolto vittorie, applausi, unanimi consensi per esser stati, dati alla mano, una delle famiglie che più ha dato al calcio dilettante negli ultimi quarant’anni.
“Siamo vissuti nel calcio e per il calcio – commenta Luciano – tutti abbiamo iniziato sotto un’unica bandiera: la Virtus. Al “Gavagnin” conserviamo tutti i nostri ricordi più belli. Esserci stati è stato un piacere ed un onore. Oggi è Michele a rappresentarci in società”.
“La Virtus è stata la scuola calcistica per ognuno di noi – prosegue Alessandro – ricordo quando giocai con mio fratello Luciano. Lui aveva sedici anni ed era già fortissimo: vincemmo due campionati di fila, salendo dalla Terza alla Prima. Poi lui andò alla Scaligera e ci ritrovammo contro. Io ero attaccante e lui mi marcava: quel giorno me le suonò, in campo litigammo. A fine gara, quanto ci rimproverò nostro padre…”
Nella loro storia, i Cherobin si sono incrociati tutti, sia da giocatori che da allenatori, sia da compagni che da avversari.
“Il ricordo più bello che porto di noi – racconta Oscar, terzino del Concordia – risale a quando giocavo nel Montecchio in Serie D. A fine stagione scesi nella Juniores per il torneo “Dandelli”: giocavamo la semifinale, guarda caso contro la Virtus. Perdevamo uno a zero: al 90′ ci fischiano una punizione. Batto io e la metto all’incrocio: pareggiamo e poi vinciamo ai rigori. Fantastico: in panchina come allenatore c’era mio zio Alessandro, in tribuna, invece, mio padre Luciano”.
Da giocatore, Luciano è stato il più vincente. Da allenatore, nessuno invece supera Michele, oggi tecnico della sorpresa Virtus in Promozione.
“Ho iniziato a fare l’allenatore a sedici anni – conclude Michele – volevo stare a contatto coi bambini e così ho smesso di giocare. Poi ho sempre voluto fare un passo in avanti, finchè sono arrivato in prima squadra. Ho avuto grandi soddisfazioni, ho vinto a Caldiero e a Monteforte, quest’anno volevo stupire con una squadra giovanissima: ci sono riuscito. Fuori dal campo non sono un calciofilo, penso ad altro. In campo però do tutto me stesso, come tutti i Cherobin. E’ questa, forse, l’unica cosa che accomuna noi Cherobin all’interno di un campo da calcio”.
Riccardo Perandini