Amarcord virtussino. Andrea Chiecchi racconta il primo revival dei “Rossoblù 1921”

Amarcord virtussino. Andrea Chiecchi racconta il primo revival dei “Rossoblù 1921”

by 13 Febbraio 2015

PRIMO REVIVAL VIRTUSSINO
VERONA 23 GENNAIO 2015

Il racconto di una serata speciale organizzata da alcuni ex atleti virtussini e rivolta a tutti i giocatori che hanno esordito e giocato in prima squadra e precisamente dalla prima volta in terza cate-goria nel 1969/1970 alla conquista dell’attuale serie D. Un lungo viaggio tra i ricordi che ha visto la partecipazione di più di 130 atleti rossoblu per una rimpatriata di ex calciatori che abbiamo chiamato “Rossoblu1921” a sei anni dal Centenario di questa gloriosa società di Borgo Venezia.

“ROSSOBLU 1921”

La serata è scintillante e tutto sembra incastrarsi alla perfe-zione.

Mentre sistemo gli ultimi dettagli con lo staff del RanchRoc-ceRosse ho la netta percezione di lavorare di squadra. I dettagli sono troppo importanti e se non lavori di squadra è difficile rag-giungere l’obiettivo. Le giovani ragazze che mi aiutano a distri-buire le sale, a riorganizzare gli spazi della pizzeria per l’evento ridono perché non riescono a capire di tanta enfasi. Io mi diverto a esagerare con piccoli aneddoti rossoblu che le fanno ridere di più. Il Sao in veste di capitano-promotore, dopo una giornata lunga e pesante, ritrova energia e prepara le tartine dell’antipasto con la sapienza di uno chef stellato e mano mano che le propone sul banco me le fa vedere con orgoglio. C’è voglia di evento, c’è energia nell’aria.
Le foto che corrono lungo tutto il perimetro del salone prin-cipale formano un lungo, energetico, caloroso abbraccio come solo dopo un gol importante. Disegnano sui muri le traiettorie dell’azione perfetta esattamente quella che può portare inevita-bilmente al gol e che parte con una rimessa del portiere a uno dei suoi custodi difensori. Si perché se non si gioca di squadra è difficile raggiungere l’obiettivo e non ci si diverte per niente. Io mi sto divertendo perché sento di stare nel momento giusto al posto giusto e tutte le persone coinvolte remano nella stessa di-rezione. È una sensazione come dire di amicizia, senso di appar-tenenza, di orgoglio che solo certe squadre di calcio, certe im-prese o certe impavide prodezze ti possono regalare e che ti e-mozionano talvolta per sempre.
Il Mister, alias Sandro Cherobin, arriva come d’accordo in anticipo. Io continuo a chiamarlo così perché ci ha allenati per una storica promozione ma è stato anche e soprattutto attaccan-te-goleador rossoblu della primissima ora. Per questo evento ha fatto parte, come sempre quando c’è da vivere intensamente, della squadra organizzativa e stasera è carico per la “girata a re-te” conclusiva e poi è un anello di congiunzione tra tutte le ge-nerazioni praticamente perfetto. Un altro della squadra che arriva di buonora è Max Fanini, che da talentuoso rifinitore quale è stato, è pronto per gli ultimi “assist” organizzativi e per l’accoglienza. Si perché se non si gioca di squadra si fatica sem-pre a raggiungere l’obiettivo prefisso. I loro occhi che luccicano mi dicono che sono emozionati e mi sento orgoglioso mentre il padrone di casa capitan Saorin ci versa un buon prosecco. Arriva anche Marcellino Pesenato che mi ha rifornito di indirizzi, nu-meri di cellulare e foto. La festa può iniziare e siamo carichi.
Quando arriva Armando sento che lo start è stato dato e non ci si può più distrarre. La sua energia invade prepotentemente il salone come quando in campo rifiniva e finalizzava. In questi mesi di preparazione è stato fondamentale il suo apporto perché la serata da festa si trasformasse in evento. Infatti “bomber” Armando Residori è il capitano della “MITICA”, la squadra da cui tutto è cominciato nel lontano 1969. Stasera, grazie a lui, i loro protagonisti sono praticamente tutti qui con l’entusiasmo di sempre a dimostrazione che i colori rossoblu sono stati impor-tanti. C’è tanta storia che forse neanche noi ce ne rendiamo con-to tutti insieme, come una grande squadra, quasi tutti figli di un quartiere e di una società che ci ha ospitati, accolti e accompa-gnato nel diventare uomini. Sono in trance agonistica perché gli arrivi sono tanti ed emozionanti ma la squadra gira alla perfe-zione e l’obiettivo iniziale adesso è solo un dettaglio non più così importante. Perché è l’emozione che corre tra i tavoli che ci lega e ci fa stare bene insieme come una cosa sola. L’energia ci travolge e noi ci facciamo travolgere felici!!!
Quarantacinque anni di prime squadre virtussine riassunte in un elenco nome per nome, presenza dopo presenza. Con Massi-mo ne contiamo più di quattrocento tra attivi e inattivi. Stasera al Ranch almeno cinque generazioni di calciatori sono presenti in numero considerevole. Siamo veramente in tanti e chi non ha potuto esserci ha comunque manifestato la propria gioia per l’inaspettato invito. Qualcuno abita paesi lontani e mi prodigo per far scattare più foto possibile da far pervenire via facebook. Appoggiato al bancone della pizzeria penso a come, dopo la proposta revival del Sao di questo novembre ormai lontano, è cresciuto di giorno in giorno l’entusiasmo. È stata come una va-langa di energia che è aumentata man mano che si concretizza-vano i contatti. La rimpatriata è un insieme di esperienze non so-lo virtussine ma del calcio dilettantistico veronese. Infatti molti giocatori sono partiti dalla Virtus per affermarsi in altre compa-gini molti dei quali sono diventati ottimi allenatori una volta ap-pese le scarpette al chiodo. E quindi in questo gioco di incastri vince in assoluto la passione per il calcio. Grandi imprese, im-pavide prodezze in una continua alternanza tra vittoria e sconfit-ta queste due bugiarde. I pareggi come al solito non se li ricorda nessuno.
Da Albanese a Dimas ci siamo proprio tutti tra selfie, foto e aneddoti che ognuno ha voglia di condividere. La cosa che mi sorprende è che non c’è nostalgia malinconica da tempi andati ma la coscienza di far parte di una bellissima storia calcistica e questo mi convince ancora di più di come è importante coltivare il senso di appartenenza e la memoria. Non solo nel calcio ma nella vita in generale. Questo si, forse, una cosa più di ieri che oggi mi sembra si consideri meno in questa attualità dove tutto è diventato più veloce, più consumabile. È grazie a presidenti e dirigenti illuminati, tanti dei quali non ci sono più, ma ben rap-presentati stasera da Mario Rota, Sergio Simeoni, Roberto Bo-nente, Lele Fiocco e Gigi Fresco se oggi siamo riusciti a riunire i ROSSOBLU 1921 come abbiamo deciso di chiamarci. Tra questi grandi atleti, dei quali mi piacerebbe menzionare tutti, voglio ricordare quelli che purtroppo un destino cinico e baro se li è portati via. Andrea Masorgo, Fabio Roncolato, Roberto Martelli, Mauro Bravi e Massimiliano Tevoi sono certo indossano la ma-glia rossoblu nelle partite lassù tra gli Dei….

La serata è scintillante e tutto si è incastrato alla perfezione.

Tra sei anni nel 2021, l’U.S.Virtus Borgo Venezia compirà i suoi primi cento anni e noi giocatori della prima squadra si può dire abbiamo già iniziato i festeggiamenti con l’entusiasmo di sempre. I valori, l’orgoglio, il senso di appartenenza, la voglia di partecipare, l’entusiasmo di giocare a calcio, la forza di cadere e di rialzarsi, il tentare-lo sbagliare-il riprovare con caparbietà tra grandi imprese e impavide prodezze valgono per tutti ma soprat-tutto per tutti coloro che inseguono i propri sogni nello sport come nella vita.
Nel leggere le parole di Trainer Bortolameazzi, manifesto dell’evento, mi sono commosso ed emozionato e quindi è nor-male chiudere con questi pensieri semplici e dal sapore antico ma importanti per tutti noi che siamo passati da qui.

Andrea Chiecchi

“quello che conta è lo spirito con il quale si pratica una qualsiasi attività. Virtus per me è serietà d’intenti, Virtus è entusiasmo di servire, Virtus è creatività, Virtus è impegno. Virtus è arrivare con i mezzi delle proprie capacità per ben fi-gurare in ogni circostanza, Virtus è non fermarsi ad un’attività sportiva ma proseguire nella vita con uno stile ed impegno di utilità verso la comunità. Virtus è credere fermamente a quello che si fa. Se si tiene conto di tutto questo i risultati germogliano come il frutto naturale di una buona semina e d’altro canto anche il più modesto assume importanza fondamentale per il virtussino. In più di vent’anni di attività mi sono sempre ispirato a questi principi ogni volta che ho lavorato con i giovani ed un solo rimpianto mi resta, che durante la mia permanenza nella società non ho avvicinato un numero maggiore di ragazzi” Trainer Bortolameazzi (dal libro 50 anni e più di vita virtussina)