C’era una volta Bruni. «Se rinascessi adesso…», butta lì senza neanche crederci troppo. Rinascesse adesso sarebbe semplicemente se stesso, «perchè uno i conti li fa sempre con la sua coscienza e la mia è tranquilla», sospira. Bruni Luciano da Livorno, uno di quelli che… lo scudetto. «Sì, c’ero anch’io, guardate l’almanacco…» ride da Firenze. C’era e si sentiva. Classe e fantasia, ma anche cattiveria, attaccamento alla maglia, serietà. C’era. «Ma non dite che ero il pupillo di Bagnoli» scherza. «Macché pupillo, non mi metteva mai dentro…». Sa che non è vero, ma sa benissimo pure che se la vita è dare e avere e i conti li fai alla fine, forse ha avuto meno di quello che si meritava. «Forse sì, forse no. Vedendo come si gioca oggi, probabilmente ho avuto meno di quanto avrei meritato. Ma non dimenticare gli incidenti, eh…». Due volte la sorte gli presenta il conto. Salato. «No, scusa, salatissimo». Aveva 17 anni «… ed ero già titolare nella Fiorentina» ricorda. «Mi rompo, comincia il calvario e allora non sapevo che era solo il primo». Il secondo lo aspetta a Verona, gli anni belli dello scudetto. «Era l’87, altro crack, un’altra stagione buttata via. Ecco, non so che cosa sarebbe successo e chi sarebbe stato Bruni senza quei due incidenti. Non ho perso soltanto due anni, ho perso molto di più. Perchè ricominciare ogni volta è ripartire da zero, è fare una fatica bestiale, solo soletto contro la paura di non farcela, di non tornare più quello di prima». Ci vuole coraggio, sacrificio, carattere, umiltà. «Penso di averne avuta tanta, a volte anche troppa. Ho sempre fatto quello che dovevo, non ho mai alzato la voce, ho sempre accettato tutto perchè questo era il mio ruolo. Altri magari, rendevano meno e parlavano di più. Davano meno e prendevano di più. Un difetto? Non mi sono mai saputo vendere bene, anzi, non ne sono mai stato capace e ringrazio Dio di essere così. Non mi sono mai piaciuti i ruffiani, quelli che parlano troppo in Tv e sui giornali. Io ho sempre lavorato solo in campo, cercando di fare bene le cose che sapevo fare. Rimpianti? Neanche uno, perchè quando vengo a Verona e vedo che la gente mi vuole ancora bene è la soddisfazione più bella. Non si vive solo di cose materiali, almeno io la penso così». Non cambia idea nemmeno ora, che gli anni son passati, i capelli caduti («… non me ne parlare, li porto alla… Fanna»), lo scudetto, purtroppo, passato. «No, quello non passerà mai» sorride Bruni. Oggi allena gli allievi della Fiorentina, senza ancora sapere che cosa farà da grande. «Vorrei restare in questo mondo, ma anche qui non ci sono regole, non c’è equilibrio, non c’è sempre proporzione tra quello che meriti e quello che hai». Vede gente che arriva senza sapere come e perchè e gente che non arriva mai. Inutile chiedergli da che parte vorrebbe stare, «… perchè tanto io sono fatto così e non cambierei per niente al mondo». Per questo piaceva a Bagnoli. «E’ il giocatore di quel Verona in cui mi riconosco di più» ha detto anche di recente. Anche Bagnoli giocatore era uno che parlava poco e giocava molto. Per questo la gente gli voleva bene. <Ogni volta che torno a Verona è come cancellare quindici anni» sospira Bruni. «E’ ripensare alla parte più bella della mia storia di giocatore. No, campione no…». Semmai campione di umiltà. «Questa è la cosa più bella che potevi pensare».