FERROLI/ Della Morte: “La magia del Chievo? Non dimentico…”
by Calcio Dilettante 2 Maggio 2012Facce da Chievo. Quello della Favola, con Gigi Del Neri in panchina. Quello dei Legrottaglie e dei Corini, dei Perrotta e dei Bierhoff. Un quartiere in paradiso, a testa alta tra le grandi d’Italia e d’Europa. Un incanto, vederli giocare. Un piacere narrarne le gesta: di domenica in domenica, undici sconosciuti zittivano l’Italia intera. E non era fortuna: quel Chievo sapeva vincere, aveva imparato a stupire. Più quadrato, meno irriverente di quello del primo anno in Serie A, ma sempre spumeggiante, imprevedibile per tutti. Ivano Della Morte era tra quelli, giusto un decennio fa. Verona la porta nel cuore, così come la grande annata vissuta in riva alla Diga.
A ricordare quei momenti, quasi gli luccicano gli occhi: “ Quell’anno è stato magico, calcisticamente parlando è stata una delle mie annate migliori. Giocammo un calcio spettacolare, arrivammo sesti, appena dietro le grandi. Riuscimmo pure a ben figurare in Europa, in Coppa Uefa, seppur per un breve periodo. Personalmente legai con tutti i compagni, con Del Neri ebbi sempre un gran rapporto, schietto e sincero. Verona e il Chievo li porto nel cuore per questo, perché con l’entusiasmo e la semplicità riuscimmo a compiere imprese su imprese, battemmo l’Inter, il Milan, la Lazio e altre big, e per una squadra come il Chievo di allora, quei risultati erano davvero da favola, come si diceva a quei tempi”.
Lasciato il calcio prematuramente a causa di un infortunio, Ivano Della Morte non ha smesso di percorrere i sentieri del pallone di casa nostra. Reinventatosi allenatore, guida ora gli Allievi Nazionali “B” della Juventus. Con la passione di sempre, e la voglia di trasmettere ai giovani tutto il suo bagaglio di conoscenze e di esperienze: “ Esatto, quando ho smesso di giocare, sono andato a vedere gli allenamenti dei ragazzini. Mi sono detto che, se avessi deciso di fare l’allenatore, avrei potuto vivere un’avventura nuova, in cui mettere tutto me stesso al servizio dei più giovani”.
Passato da San Bonifacio, ospite coi suoi ragazzi alla ventitreesima edizione del “Trofeo Ferroli”, Ivano della Morte ci concede il tempo di un’intervista, aprendo, pur per pochi minuti, le porte del suo nuovo mondo.
Mister, dopo gli inizi, ora alleni nel settore giovanile della Juventus. Come procede la nuova esperienza?
“Benissimo, mi ritengo fortunato per essere entrato in un mondo come quello della Juventus. E’ una società di primissimo livello, che investe molto sulla crescita dei propri giovani. Il progetto è di quelli importanti, qui nulla viene lasciato al caso e io voglio assolutamente contribuire alla crescita del vivaio di questo club”.
Quali sono le prerogative sulle quali impostate la cura e la crescita dei giovani calciatori alla Juventus?
“ Dal punto di vista calcistico viene curata la tecnica, dal punto di vista umano la cultura del rispetto. Un giovane calciatore, fino a 16-17 anni, va curato dal lato tecnico: deve imparare a domare la palla, a usare il corpo, a muoversi coi tempi giusti. Il lato tattico e il lato fisico-atletico contano, ma in questa fascia d’età sono in subordine rispetto alla tecnica. ”
Parlava di attenzione allo sviluppo del lato umano attraverso la cultura del rispetto: ci spieghi meglio.
“ I miei ragazzi devono sapere che prima che calciatori sono delle persone normalissime come le altre. La cultura del rispetto è fondamentale per la loro crescita: devono imparare a rispettarsi tra di loro, a rispettare l’allenatore, i dirigenti e gli avversari. L’educazione è un aspetto importante nello sviluppo, e ancora più importante è il rispetto di sé stessi. Devono imparare che nella vita a volte servono delle rinunce, che ci vuole moderazione in tutto, talvolta anche grossi sacrifici. Nessuno ti regala niente: se vogliono raggiungere un obiettivo devono conquistarselo con dignità, questo è il nostro messaggio ”.
Concludiamo. Per il secondo anno scende a San Bonifacio per disputare il “Ferroli”, che impressione s’è fatto della manifestazione?
“ Di tornei ne ho visti tanti, ma il “Ferroli” è di gran lunga uno dei migliori tornei d’Italia. Il livello è altissimo, i ragazzi vivono un’esperienza unica, che oltrepassa i confini del calcio. Si respira un’atmosfera diversa, molti di loro per la prima volta hanno mille occhi puntati addosso, devono imparare a gestire le emozioni e ad affrontare contesti simili. E’ una kermesse eccezionale, che fa bene al calcio e ai giovani ”.
Riccardo Perandini