Caldiero, convegno su “Sport ed educazione”. Ghisleni: “Si priviliegi l’aspetto umano”
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 12 Aprile 2013C’è un unico filo conduttore a riassumere i contenuti del convegno su sport ed educazione, andato di scena nella serata di ieri, giovedì 11 aprile, presso il teatro parrocchiale di Caldiero. A far da collante, tra argomentazioni, proposte, intuizioni e battute che si rincorrono, c’è un monito che esce tonante. Lo si deduce dalle parole di Pierpaolo Romani, lo si comprende a chiare lettere dagli interventi di Stefano Ghisleni, dalle riflessioni di Stefano Ghirardello e Damiano Tommasi: si blocchi l’arrivismo, e si privilegi la crescita umana, prima di quella sportiva.
Pur partendo da punti diversi, con prospettive e intenzioni differenti, tutti i relatori, nel corso del loro intervento, hanno fatto cogliere ai presenti un messaggio comune. Chi attingendo da passi e dalle esperienze vissute nella stesura della propria opera (Romani, “La criminalità nello sport”), chi pescando tra i ricordi di una carriera spesa tra i professionisti (Ghirardello, Tommasi), chi analizzando l’operato all’interno del settore giovanile dell’Hellas Verona (Ghisleni).
Il messaggio, mai come ieri uno e molteplice, emerge in modo limpido: c’è una cultura dell’esasperazione che sta rovinando lo sport. Rovina la poesia, la funzione educativa, il valore intrinseco del calcio nella sua dimensione più pura, quella ludica, del gioco. Non ci sono più riferimenti, dettami da seguire, persone sulle quali fare un sincero affidamento. Non c’è il rispetto dei ruoli, talvolta i ruoli stessi hanno contorni sfumati, scoloriti in un clima d’incertezza che sa di sotterfugio. E il risultato è, purtroppo, di una negatività disarmante: ne risente la società, ne risentono gli educatori, ma soprattutto ne risentono i bambini, che hanno sempre meno possibilità di crescere in un ambiente sano.
Un’analisi, quella emersa dagli interventi dei relatori, che par assumere una coloritura pirandelliana. Troppe maschere e pochi volti, per dirla in estrema sintesi. Troppe mezze misure e poche certezze. Troppi attori e nessuna identità precisa. Da “Uno, nessuno e centomila” a “Sei personaggi in cerca d’autore”, i parallelismi con l’autore siciliano sono plurimi. Si parla di un calcio, ci vien da dire novecentesco, tanto è incomprensibile, confusionario, addirittura criminale, in certi aspetti. Mancano le fondamenta sulle quali costruire un futuro all’insegna della trasparenza, e questo è un dato che emerge in modo preoccupante.
Una soluzione però, c’è. C’è eccome, perchè basterebbe anche poco per invertire la rotta. Basterebbe una riscoperta del lato migliore dello sport, quello fatto di scintille, di impulsi genuini, di stimoli, passione, gioiosa fatica, a partire dalle società che gestiscono le attività, per finire ai ragazzini, che sono i destinatari dei martellanti messaggi della società in cui vivono. E qui si inserisce il filo conduttore di cui parlavamo prima: “Si privilegi l’aspetto umano – chiosa Ghisleni – perchè se si forma una persona, probabilmente formeremo anche un calciatore”. E’ il messaggio, l’auspicio e il monito che tutti si augurano di vedere realizzato. Ce lo auguriamo anche noi, in tutta franchezza, che qualcosa cambi, per accorgersi, un benedetto giorno, che quei fiumi di parole spese per individuare la retta via, trovino finalmente un concreto riscontro nella realtà in cui viviamo.