Docili schiamazzi in campo, urla vichinghe in tribuna. Riflessione sul genitore-tifoso
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 27 Gennaio 2014Genitori allo stadio. Sulle tribune, nascosti tra amici, tifosi, giornalisti, dirigenti e occasionali, ci sono anche loro. Vedono la loro prole in campo, e in quell’ora e mezza entrano in una dimensione parallela. C’è chi si emoziona, chi è impassibile, chi si annoia, chi sbraita e chi dà consigli, chi prepara i panini e chi non vede l’ora che l’arbitro sancisca la fine.
Osservarli è un piacere sublime. Chiunque abbia calcato un campo di calcio può capirne il perchè. La famiglia nel pallone, nel weekend pedatorio, è questione di sguardi. Pensateci: c’è il padre che osserva il figlio e ne cerca lo sguardo per incoraggiarlo, per rincuorarlo, per metterlo calmo. Il pargolo che gioisce e, esultante, lo abbraccia con gli occhi, oppure, in frangenti poco propizi, lo cerca, insistentemente, cercando un conforto silente, telepatico, a distanza.
Certi incroci di sguardi sono stupendi, commoventi. Quando chi va in campo gioca col sorriso, anche chi sta fuori dimentica la routine, i problemi, le magagne della quotidianità. Per quelle si inizia il lunedì: sabato e domenica sono sacri per chiunque.
Parlerò in prima persona: dopo anni di assenza, sono tornato tra le tribune del calcio giovanile. Lo ammetto: un po’ mi mancavano. Ho ritrovato un mondo positivo: pochi litigi, grande capacità di sdrammatizzare, alcuni tentativi di coreografie davvero singolari. C’è chi filma le partite, chi le guarda in silenzio, chi le commenta perennemente al cellulare, chi ha un posto fisso per scaramanzia e non si schioda mai da lì. Qualche screzio, di impressionante banalità, tra l’altro, purtroppo l’ho visto ancora.
Il razzismo esiste eccome, in campo e sulle tribune, ed è spesso causa di raccapriccianti battibecchi. Fortunatamente, però, sono casi sporadici. Spesso ho visto mamme sorridere ai figli anche dopo una sonora sconfitta, padri in grado di abbracciare senza incensare, di proporre critiche senza far drammi. Ho visto un tifo onesto, caloroso, mai sopra le righe.
Poche volte ho assistito a scontri verbali.
Se il calcio ha problemi oggettivi, come sistema e come sport, sotto gli occhi di tutti, per fortuna, non ne ha molti alla propria base. Il movimento giovanile è ancora ampio, possiede tecnici qualificati e ragazzini in grado di ascoltare. Le mele marce ci sono, ma non se ne vedono troppe. Migliorare si può, certo. Ma la strada, a mio avviso, sembra essere quella giusta.
Anche le famiglie si sono messe in marcia. Sanno sorridere, sdrammatizzare, prendere il calcio per ciò che è: un gioco. Sanno trasmettere il valore della misura, del giusto mezzo d’oraziana memoria, che sempre meno si vede tra i più grandi.
Se il calcio adulto vi annoia: disintossicatevi. Fatevi un salto per i campi del settore giovanile: in quell’ora e mezza rivedrete voi stessi. Tornerete adolescenti, e, magari, v’accorgerete che nulla, in fondo, è cambiato.
Buona settimana a tutti,
un cordiale saluto
Riccardo Perandini
Direttore Editoriale Calcio Dilettante Veronese
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