Due mesi di calcio espressi in una parola: equilibrio. Ecco perchè
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 30 Ottobre 2015Classifiche corte, numeri vicini al pareggio in ogni settore, valori che si somigliano l’uno con l’altro. Tu chiamalo, se vuoi, equilibrio. E’, forse, il termine, l’espressione più appropriata per fotografare le prime otto gare di campionato. Un primo bilancio a metà andata è possibile.
Sono pochi i raggruppamenti che sfuggono alle equivalenze di un dilettantismo che tende assieme verso un livellamento sempre più complessivo. Verso il basso o verso l’alto è difficile dirlo, forse addirittura impossibile. Non è un caso, detto tra parentesi, che gli addetti ai lavori interpellati a riguardo diano pareri equamente discordanti.
Tolta l’Eccellenza, dove ad oggi emerge il duopolio Caldiero-Adriese, tolto il girone C di Seconda, dove per il primato, pare, si viaggi in tandem pure quest’anno (San Giovanni Ilarione-Valtramigna), non si vedono altri destini già scritti. Certo, il girone A di Seconda ha una classifica che parla chiaro. Ma è un raggruppamento ancora indecifrabile per l’assenza, a differenza degli anni scorsi, delle battistrada annunciate. Il PescantinaSettimo capolista viagga come meglio non potrebbe, ma un dato va considerato: deve ancora superare i tre scogli più duri. Lungo il cammino troverà Caselle, Gargagnago e Consolini, sulla carta le compagini migliori del girone. Trittico che equivarrà ad uno spartiacque: o sarà fuga, o sarà riapertura, almeno parziale, dei giochi.
Ma torniamo al concetto di equilibrio. Constatarne la presenza penetrante è un piacere per chi commenta e per chi assiste. Probabilmente, anche per chi gioca. Aumenta l’appeal dei campionati, aumenta la curiosità che aleggia su più campi in ogni domenica. L’incertezza rende possibile qualunque risultato, qualunque ribaltone. La palla sta diventando davvero rotonda per tutti.
A nostro avviso è un bene. E’ l’avvisaglia del tentativo di tendere verso il nuovo, inteso come preparazione, volontà di non fermarsi ai preconcetti e ai luoghi comuni. E’ un dilettantismo che prova a scendere nel profondo della disciplina anche se i tempi che corrono non sono i migliori. Specialmente dalla Prima in su, ma anche sotto, in più e più casi, poco è lasciato al caso. E’ sintomo di crescita, di cura che si fa certosina, talvolta quasi maniacale. Poi, chiaro: non sempre preparazione fa rima con spettacolo.
Ma è la prospettiva ad essere interessante. Il calcio perde iscritti, credibilità, solidità di valori: gli addetti ai lavori rispondono presente, costruendo una nuova cultura, per lo meno provandoci. Si può discutere sulle modalità, sulle direzioni prese, ma non si nota quell’immobilismo che farebbe morire tutto. Si vuol giocare a pallone, si prova a farlo, anche a costo dell’errore. I tecnici che amano travestirsi da docenti sono sempre di più, aumenta lo spazio per le nuove leve. Di poco, ma l’età media si è abbassata.
Le avvisaglie del ricambio generazionale ci sono anche al gradino più alto, quello delle prime squadre. Ci vorrà tempo per digerirlo, perchè abbia una fisionomia che sappia soddisfare. Eppure, c’è dell’oro e luccica pure. Bisogna saper trovare pepite anche nelle miniere più povere. Rendiamocene conto: è questa la strada. Più la percorreremo insieme, più il nostro mondo tornerà puro, pulito da inutili, antipatiche scorie. Il calcio è di chi lo ama. E l’amore, pare, sta risbocciando davvero.