I Peroni e il pallone, passione senza confini. Quarantottomila chilometri per il calcio e non sentirli
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 11 Marzo 2014Quarantottomila chilometri e non sentirli. Basta un dato per realizzare cosa rappresenti il calcio a casa Peroni. Definirla una passione è riduttivo. Chieder loro di calcio è come chieder a un viaggiatore di raccontare la sua esperienza: dalle labbra, sgorga un resoconto appassionato, sentito, dove ad ogni ricordo s’aggiunge un particolare, una chicca, un aneddoto da riportare in superficie. Iniziano a parlare, s’illuminano, s’emozionano, e non smettono più. Devi bloccarli per non perdere il filo del discorso. In quei quarantottomila chilometri, svelerà il padre Lorenzo, c’è scritta tutta la loro storia. Un racconto sincero, divertito, che sa di vita vissuta, che profuma del cuoio dei palloni calciati e dell’erba dei campi sui quali tutti, in famiglia, hanno corso sin da quand’erano piccolissimi. Quei chilometri, li ha calcolati lui stesso, Lorenzo Peroni, oggi presidente del Montorio, sommando, approssimativamente, le distanze dei tragitti percorsi per portare i due figli, Elia e Pietro, ad allenamenti e partite. Il loro ingresso nel calcio, più che di un’esperienza, narra di un vero e proprio nostos, di una peregrinazione continua, instancabile, fatta di corsa, col sorriso sulle labbra e il borsone in spalla, da una vita intera.
“Per avvicinare i miei figli al calcio – spiega Lorenzo Peroni, il padre di Elia e Pietro – ho usato lo stesso metodo di mio padre: giocattoli solo a forma sferica e palloni ovunque. A giudicare dal risultato, ha funzionato”.
Era un attaccante d’area, Lorenzo Peroni. I suoi figli, invece, giocano in difesa.
“In carriera ho segnato più di 130 goal – prosegue Peroni – ero ambidestro, con una gran tecnica e un ottimo colpo di testa. Peccato che fossi lento. I miei figli invece sono tutti e due difensori, alla Virtus, dove sono cresciuti, hanno in trovato in quel ruolo la loro natura calcistica”.
Naturale che, con un mentore così, la passione inondasse anche l’animo di Elia e Pietro. Dalle sfide in giardino al calcio dei grandi: la loro storia nel pallone che conta è appena iniziata.
“Giocavamo a centrare la “V” – racconta Pietro, difensore virtussino – si formava tra le diramazioni di un albero e facevamo a gara a chi la colpisse più volte”.
“Dopo mangiato – gli fa eco Elia, il più grande, oggi al Montorio – ci sfidavamo in giardino in interminabili partite di uno contro uno. Sia chiaro: ho sempre vinto io. Nel calcio nessuna pietà con Pietro!”.
La sconfinata passione per il calcio, ha accompagnato Elia anche in Spagna, l’anno scorso, dove andò per l’Erasmus.
“Non avevo un appartamento – sorride Elia – ma la squadra di calcio sì. Giocai nell’FC Canillas, i miei vennero anche a vedermi un giorno. Fu un’esperienza bellissima”.
Singolare è il ruolo della mamma a casa Peroni: cuore d’oro che non fa mai mancare nulla ai pargoli è, ironia della sorte, un amuleto per Pietro e un porta sfortuna per Elia.
“A nostra madre va fatto un monumento – dice Elia – ci ha sempre sostenuti, compresi e aiutati a coltivare la nostra passione più grande. Però tifa solo la Nazionale, le altre partite non le interessano. Quelle poche volte che ci ha concesso una visita, io ho sempre perso, Pietro sempre vinto”.
Elia e Pietro, mai insieme e mai contro in un campo da calcio, hanno però una condivisione calcistica particolare, che risale agli inizi delle rispettive carriere.
“Abbiamo le scarpe in comune – racconta Pietro – un paio di Valsport nere col simbolo verde: sono piccolissime. Una la tengo io in camera mia, una la conserva Pietro nella sua”.
Normale che, con una passione così, la famiglia Peroni sogni di ritrovarsi tutta assieme a lottare per la stessa bandiera. Magari quella del Montorio.
“Io sogno, assieme ai miei soci – conclude il padre Lorenzo – di fare del Montorio una società modello, rispettata e completa in ogni sua parte. Poi, capitasse l’occasione, non sarebbe male ritrovarci tutti assieme, ma ci penseremo a tempo debito”.