IL PERSONAGGIO/ Fortunato:” Mio padre? Un esempio, non una pressione “
by Calcio Dilettante 11 Ottobre 2012Professione: trequartista. Sul velluto, in punta di piedi. Di scatto, tra le linee, a ricamare le trame rossonere della sua Provese. Preciso, tempista, con la proverbiale punta d’imprevedibilità di chi sa dare del “tu” al pallone. Col passo felpato, il colpo in canna, il piede mancino sempre caldo. Luca Fortunato è così, elegante e concreto, estroso e diligente, figlio del naturale connubio tra l’utile e il dilettevole. Per lui, l’ombra del padre Daniele, ex di Juve e Atalanta, è un rifugio di sicurezze, consigli, input mai banali. Un’eredità che non pesa, priva di assilli, orfana di pressioni.
“ Già – spiega Luca – mio padre è stato un calciatore professionista ed ha anche allenato nei maggiori campionati. Però per me il calcio non è mai stato un’ossessione, ho sempre deciso tutto io. Lui mi segue, mi consiglia, cerca di migliorarmi. Per me è un esempio, non una pressione in più ”.
Tuo padre Daniele ha speso una vita nel professionismo. C’è un aneddoto, un messaggio, un consiglio che conservi più di altri?
“ Ce ne sono tanti, ancora oggi viene a vedermi alle partite. Ogni volta il discorso si rinnova, difficile scegliere. Però provo: dico la ricerca della semplicità. Sembra banale, ma nel calcio sono veramente in pochi a esser bravi nelle cose semplici. Invece, sono fondamentali, il resto è in più ”.
Tra i tuoi trascorsi, c’è un anno all’Atalanta, esperienza poi interrotta per il trasferimento da Bergamo e Vicenza. Si dice che il settore giovanile orobico sia il migliore: per quale ragione è così, tu che l’hai provato?
“ Innanzitutto perché ti insegnano a essere una brava persona, l’aspetto umano è molto curato. Poi dal punto di vista tecnico e professionale penso che l’Atalanta non sia seconda a nessuno: a Zingonia c’è un campo a disposizione per ciascuna squadra del settore giovanile, e gli allenatori sono tra i migliori d’Italia: nel tempo, i risultati si sono visti”.
Anche nella tua annata non sono mancati i giocatori arrivati al professionismo.
“ Esatto, ho giocato con Bonaventura, che adesso è in Serie A con l’Atalanta. Ma anche con Tiboni e Cissè, passati anche dall’Hellas Verona, tutta gente che ha fatto strada. Già al tempo si vedeva che avevano una marcia in più ”.
Poi il passaggio a Vicenza, e l’intenso quinquennio a Montecchio: che ricordo porti dell’esperienza in Serie D?
“ Un periodo bello, intenso, dove ho conosciuto un sacco di brava gente e buoni calciatori. Tra tutti ricordo Roverato, un esempio per tutti. Per gli allenatori invece non dimentico Clementi, uno dei migliori che ho mai avuto”.
Ora, dopo il buon anno all’Azzurra Sandrigo, sei passato nel veronese, alla Provese. Guardando al futuro, quali sono le tue ambizioni?
“ Qui sto molto bene, cercherò di dare una mano al gruppo per raggiungere gli obiettivi che la società ci ha dato. Personalmente, non ho particolari ambizioni, però punto a crescere, mi piace l’idea di provare a migliorarsi sempre. Vado in campo quattro giorni la settimana, io ci provo: se riuscirò a risalire qualche categoria, tanto meglio ”.
Riccardo Perandini