Irprati, una palla per due. Papà Costantino racconta il loro viaggio nel pallone
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 16 Aprile 2014Una palla per due. Dal giardino di casa alle strade dell’Italia intera. Prima sempre assieme, poi contro, poi ancora più distanti, ma sempre in contatto. Nulla può separarli. La storia dei fratelli Irprati è il racconto di un viaggio partito da Borgo Nuovo, alla periferia di Verona, proseguita poi per Verona, il Veneto e l’intero Stivale. Da piccoli giocavano ovunque: in casa, nel giardino, per strada, negli spiazzi. Erano talmente vivaci che un giorno un istruttore Isef li vide al percorso della salute correre come pazzi: chiese al padre Costantino di portarli a provare atletica. Ma non c’era verso: quella non era la loro strada. Marco e Matteo volevano giocare a calcio: iniziarono nella squadretta parrocchiale, per non fermarsi più.
“Il calcio ha formato i miei figli come atleti e come persone – commenta il padre Costantino – e devo ringraziare tante persone che li hanno accuditi. Li hanno aiutati a vivere i loro sogni e a coltivare la loro passione. La vita di campo per loro è stata maestra di vita vera, li ha fatti diventare uomini ed è questo che mi rende felice”.
Bnc e Chievo il percorso comune dei due. Poi Ambrosiana e Vigasio per Matteo, Vigasio, Virtus, Marano e Mezzocorona per Marco.
“Al Chievo hanno vissuto gli anni più belli, erano seguiti in tutto e per tutto. Poi curiosa è stata la volta che hanno giocato contro: al ritorno in macchina ho dovuto fermarmi più volte da quante se ne davano scherzosamente. E’ stata una gran bella giornata di sport per la nostra famiglia, conclusa con un bacio alla madre di loro due”.
In più di dieci anni di carriera, papà Costantino e mamma Jacoba non hanno mai smesso di seguire i loro pargoli. E il loro viaggio continua oggi, senza sosta.
“Ci piace seguirli, andiamo sempre a vederli. Siamo sempre stati al loro fianco sin da quando erano piccoli. Vederli crescere è un piacere”.
Il calcio a casa Irprati è un piacere, non un’ossessione.
“Qualche treno l’hanno perso i miei figli – conclude Costantino – ma non importa, impareranno a crescere anche dalle sconfitte. Lo sport ha insegnato loro a camminare sulle loro gambe e a reggersi sulle loro forze, e così dovrà essere sempre, nel calcio come nella loro vita”.