Non c’è più Fabio Viviani. La Sambo lo ha aspettato. Poi il tempo è scaduto. Le strade si sono divise. Ed è stata fatta una scelta importante. Ha in mente un calcio ambizioso, Claudio Valigi. Chi è stato plasmato da Nils Liedholm d’altronde non può pensarla diversamente. Il nuovo allenatore della Sambonifacese non è però solo un aristocratico figlio di straordinari maestri, delle luci della serie A e dell’etichetta di vice-Falcao che lo accompagna ancora adesso. Negli anni Valigi si è anche sporcato le mani, dopo il caviale offerto dalla grande Roma dello scudetto dell’83 e da una superba carriera da centrocampista di classe ha cominciato a cibarsi di pane e salame, attraverso la dura palestra del settore giovanile e di una Primavera del Mantova fatta anche di seconde e terze scelte che con lui alla guida la scorsa stagione ha quasi raggiunto i playoff.
«Ritengo di essere una persona fortunata, in un momento come questo per il mondo del calcio mi viene data questa enorme opportunità di lavorare in una società perfetta. Con la Sambonifacese ci siamo capiti subito», sono state le prime parole di Valigi, seduto vicino al presidente Maurizio Mazzon e al direttore sportivo Mario Tesini e davanti al nuovo direttore organizzativo Luca Bronzato. «Dopo 10 anni di Mantova e cinque di Primavera era giusto compiere questo passo – ha continuato Valigi – ho sempre amato lavorare coi giovani e il progetto della Sambonifacese è proprio la continuazione ideale di un progetto che mi stimola molto».Troppo presto per parlare di moduli, anche se il punto d’arrivo in fondo è chiaro. E l’ispirazione è sempre Liedholm. «Sono per una manovra palla a terra, veloce, sul modello Spagna. Questa però è solo un’intenzione, nella realtà importante sarà costruire soprattutto un progetto tattico funzionale alle caratteristiche dei giocatori e che ci permetta di vincere il più possibile, coniugando i punti alla valorizzazione dei ragazzi». Mazzon ha chiesto «45 punti il prima possibile», da lì non si scappa.
Gli intrecci con Verona non si contano, anche se Valigi ne conserva gelosamente uno in particolare. Ventitrè gennaio 1983, Verona-Roma 1-1. Da una parte Torresin, Oddi, Marangon, Volpati, Spinosi, Tricella, Fanna, Sacchetti, Guidetti, Dirceu e Penzo. Dall’altra Tancredi, Nela, Vierchowod, Ancelotti, Valigi, Maldera, Conti, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei, Iorio. Bagnoli contro Liedholm. Quel giorno Falcao non c’era, il numero 5 sulle spalle ce l’aveva proprio Valigi. «Temevamo quella trasferta – ricorda – far punti al Bentegodi era difficilissimo. Andammo in vantaggio col vostro amico Iorio, subito dopo ci fece gol Penzo. Da avversari nutrivamo all’epoca grande rispetto e stima per quella squadra, non è un caso che due anni dopo vinse lo scudetto. Ho ancora in mente la figura di Bagnoli, straordinario. Una dialettica essenziale ma la capacità di farsi capire attraverso i comportamenti. Anche Liedholm era un grande maestro, soprattutto nel gestire il gruppo e nel mettere ogni giocatore nelle condizioni ideali per rendere al meglio. Ci ricordava spesso che San Siro un giorno lo applaudì perché dopo cinque anni aveva sbagliato un passaggio, amava giocare con questi aneddoti. Era unico. La Roma giocava già 27 anni fa a zona e col 4-3-3. E in ogni partita teneva il pallone per 70 minuti. Anche Zeman a Messina mi insegnò molto. Certi concetti vorrei fossero assimilati nel nostro piccolo anche dalla mia Sambonifacese. Sarebbe bello, di certo ci proverò». Valigi torna al presente, al Mantova e ad un parallelo affascinante anche se ancora tutto da costruire. «Anche Di Carlo all’epoca veniva dalla Primavera, arrivò al Mantova e venne subito promosso. Non garantisco che la Sambonifacese andrà in Prima Divisione, ma questa analogia mi piace molto. Darò il massimo per questa società, sono convinto di essere capitato nel posto giusto al momento giusto».