L’esser Baggio secondo Nicola, il nipote del “Codino”. Storia di un cognome che passeggia per l’Italia
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 27 Maggio 2013Leggi Baggio e sorridi. Quasi senza neanche accorgertene, quasi come fosse un gesto inconsulto. Perchè quel cognome cammina ancora per le vie dello stivale. Emana ricordi, poesia, puro genio calcistico. Ai romantici scalda ancora il cuore: sembra ieri quando il Divin Codino deliziava l’Italia intera col pallone tra i piedi. Perchè Baggio è leggenda: forse nessuno mai riuscirà a creare dietro di sè quella scia di amore mista a rimpianto che ha contraddistinto la carriera di Roberto.
Dalle nostre parti invece, c’è un altro Baggio che non smette di togliersi soddisfazioni. Sarà che buon sangue non mente, sarà un gran bel vizio di famiglia, ma è così: pensandoci, non poteva mancare un Baggio tra i dilettanti. Un genio tra i pro, un altro tra gli operai del pallone. Quel Baggio è Nicola, il nipote di Roberto. Lo vedi e lo riconosci subito. Non ha il codino, ma gli occhi sono quelli: stesso è lo sguardo, stessa l’espressione. Identico è l’aplomb, candidamente tra le righe. Simile è anche il modo di giocare. Nicola in campo guizza tra le linee, scompare e ricompare, nasconde la palla, la rincorre, la pizzica, come fosse tra le corde di un violino. A tratti è fulminante, a tratti regola il ritmo delle giocate, come un metronomo. Per i compagni è la luce, la speranza, il terminus ad quem. Come lo zio, con la palla sa fare di tutto. Una volta in campo veste i panni dell’artista: il suo piede si fa pennello, sceglie i colori, le zone in cui dipingere traiettorie divine. Soprattutto nell’area di rigore: anche per lui il rapporto col goal è felice. Se n’erano accorti a Cavazzale, quando con Moresco formava una delle coppie più importanti e temute dell’intera Eccellenza d’un tempo. Se ne sono accorti a Sarego, dove in sei mesi diede un contributo fondamentale per lo storico accesso alla Serie D. Ne hanno apprezzato le gesta anche ad Arzignano, nel corso di questa stagione in cui, finalmente, gli uomini di Beggio hanno percorso tutte le cornici di un purgatorio infinito arrivando dritti dritti al primato. Tra loro, c’era anche lui, Nicola Baggio:
“E’ stata un’annata fantastica, siamo stati superiori a tutto e a tutti. Rimane una grande soddisfazione: la gioia è enorme, abbiamo costruito qualcosa di veramente importante”.
Quando hai capito di poter vincere ancora un campionato?
“Nella partita contro l’Eurocalcio, era l’inseguitrice diretta. Abbiamo vinto uno a zero con un mio goal in rovesciata: lì, abbiamo ammazzato il campionato”.
Baggio-Beggio, un binomio che fa rima con vittoria. Quanto c’è di Beggio nei successi dell’Arzichiampo?
“Direi un bel 90%. Beggio ti trasmette una carica incredibile, è un grande allenatore. Non per niente ha vinto ovunque è andato”.
Il leader, l’uomo in più dell’Arzichiampo?
“Capitan Broccardo su tutti, poi due giovani: Carraro e Faedo”.
Veniamo a te. In tanti ti accostano a Roberto, e con le dovute proporzioni, il parallelismo regge eccome. Tu cosa ne pensi?
“I paragoni con mio zio fanno piacere, è chiaro. Lui è la leggenda, è il calcio. Io, chiaramente, ho cercato di imparare da lui. Sono rimasto nei dilettanti, ma non ho grandi rimpianti. Mi sono tolto le mie soddisfazioni, e qualche bel goal l’ho segnato anche io”.
Se il cognome Baggio fosse un’opera, tu saresti l’interprete nel mondo dilettantistico. A chi dedicheresti questa vittoria?
“A mister Beggio, alla mia famiglia e alla mia fidanzata, Giulia”.
L’anno prossimo c’è l’Eccellenza, tornerai a calcare i campi del veronese. Hai qualche conoscenza, qualche amico nell’Eccellenza nostrana?
“Sì eccome, tantissimi. Su tutti Gasparato, che ha giocato con me nel Sarego, non vedo l’ora di incontrarli di nuovo”.
Concludiamo, Nicola. Lasciaci con una promessa: resterai all’Arzichiampo?
“L’idea è quella, devo ancora parlarne con la società, ma qui sono stato benissimo. Penso che i presupposti ci siano tutti: staremo a vedere”.