L’operaio è diventato dottore: Virtus Vecomp promossa in Lega Pro
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 10 Giugno 2013La parola che diventa poesia, il disegno che diventa arte, il rumore che diventa musica. La Virtus Vecomp che vola in Lega Pro è questo, e molto altro ancora. E’ la storia di una pazienza stakanovista che raggiunge l’akmè, il racconto fiabesco di un umile borgo operaio che si scopre accolto tra le metropoli. Per un anno, forse di più, ce lo auguriamo tutti, la Vecomp vestirà il frac, come il contadino che s’affaccia, dalla campagna, verso le luci della città. Nuovi saranno i ritmi, i modi di fare ed interpretare calcio. Ma il tempo per prepararsi al meglio c’è, nessuno arriverà tardi al gran ballo.
“Anche l’operaio, vuole il figlio dottore”, cantava Paolo Pietrangeli: il momento è arrivato. L’operaia Borgo Venezia avrà il proprio dottore, vestito di rossoblù, con le bullonate ai piedi e gli occhi di chi, come gli uomini di Fresco, in cuor suo sa di dover compiere l’ennesima impresa.
Sì, perchè di impresa parliamo. La Vecomp tra i professionisti è la rivisitazione di Davide contro Golia, del tranquillo studentello che sovrasta il bullo di turno. Risorgessero i poeti magniloquenti, troverebbero pane per i loro denti, cercando le parole per descrivere l’hurrà virtussino.
Un grido che sale vigoroso al cielo, orgoglioso come non mai. Senza proclami smodati, senza spese folli, sempre con l’occhio rivolto verso se stessi, piuttosto che agli altri, la Virtus ha costruito le proprie certezze, i propri pilastri, la propria aurea mediocritas.
Ha navigato nel lato tranquillo del mare, nè troppo vicino alla riva, nè troppo al largo. Come poetava Orazio, di cui è figlia l’aurea mediocritas stessa. Quel “giusto mezzo” (questa è, pur traslata, la traduzione di aurea mediocritas) ha condotto Lallo e compagni là dove, forse, alcuni di loro non avrebbero mai pensato di arrivare.
E invece ci sono riusciti. A Foligno la truppa rossoblù ha assaporato il gusto dell’oltre, ha corso sospinta da un’idealistica tensione verso l’assoluto. Ha scoperto, dopo il triplice fischio, il dolce, dolcissimo sapore dell’ultimo momento triadico. Una sintesi agognata, sognata, sospirata dopo mesi di tesi contro antitesi. Anche Hegel si sarebbe divertito sugli spalti. L’avesse vista Nietzsche, la Virtus, avrebbe intuito la forza di una squadra che è apollinea e dionisiaca allo stesso tempo. Un po’ volpe e un po’ leone, avrebbe detto Machiavelli.
La vittoria della Virtus fonde su un rettangolo verde calcio e poesia, filosofia e goliardia, fatica e letteratura. Passeggia tra miti, carmina, sonetti, trattati, speculazioni filosofiche, scuole di pensiero. Per ogni autore potremmo trovare una citazione, un passaggio degno di esser collegato all’impresa rossoblù. Sarebbe interessante, un po’ anacronistico forse, ma sempre curioso intellettualmente. Ma non andremo oltre: pensaci tu, Gigi Fresco, pensateci voi, ragazzi, a scrivere le pagine più belle della vostra storia. E che la Dea Speranza non v’abbandoni mai.