Matteo Soave, viaggio tra le curve di un passato ruggente: “Un giorno Ventura mi chiese un colloquio per complimentarsi con me”
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 12 Febbraio 2014Piedi dolci e ginocchia di cristallo. Doti indiscusse e infortuni a ripetizione, sempre nel momento sbagliato. La storia di Matteo Soave è scritta qui, tra i saliscendi di una carriera contraddistinta da cadute e ripartenze, nuovi infortuni e nuove rinascite. Corre lungo un filo sottile che ogni tanto si spezza, ma che oggi, per fortuna, ancora non s’è rotto del tutto. Racconta del limpido candore di una qualità tecnica fuori dal comune oscurata, purtroppo, dal grigiore del rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato. C’era un tempo in cui Giampiero Ventura, allora tecnico del Verona in B, rimase impressionato dalla sua velocità e chiese informazioni per aggregarlo alla prima squadra.
“Giocavo nella Primavera e ogni giovedì disputavamo un’amichevole con la prima squadra – racconta Matteo – io arrivavo da un infortunio e avevo solo quella partita per mettermi in mostra. Ci riuscii, ma gli infortuni erano sempre dietro l’angolo. Mi hanno sempre penalizzato”.
Per Matteo Soave, l’approdo in B sarebbe stato il coronamento di un decennio di sforzi. Una consacrazione mai avvenuta, nemmeno l’anno dopo, quando Davide Pellegrini, suo tecnico nelle giovanili, chiamato a salvare il salvabile in un Verona a rischio retrocessione in Serie C, fece esordire alcuni suoi allievi nel calcio che conta. Con Vriz e Ravelli, poteva esserci anche lui. Il treno però, era già passato.
“Per il Verona erano anni bui. La stagione in cui Ventura venne a complimentarsi per come giocavo, per l’Hellas fu maledetta: retrocedette in Serie C, in estate ci furono grandi cambiamenti e decisi di non rimanere. Fossi rimasto, non so come sarebbe andata. Pellegrini, che avevo avuto per tre anni di fila, l’anno dopo passò dalla Berretti alla Serie C. Fece esordire alcuni miei compagni tra i professionisti. Forse, con loro potevo esserci anche io”.
La discesa nei dilettanti, per Soave fu una necessità dettata dagli infortuni. Oggi gioca nel Team Santa Lucia, in Eccellenza.
“Non ho fatto carriera perchè ogni volta che avrei potuto fare il salto ero infortunato. Pazienza, nei dilettanti mi sono tolto comunque delle soddisfazioni, come il premio di miglior giocatore d’Eccellenza quando ero a Vigasio, e di Promozione, quand’ero all’Alba. Oggi il mio mondo è questo, me ne sono fatto una ragione e non ci penso più. Non si può vivere di rimpianti”.
Riccardo Perandini