Stefania Marcazzan, addio e lacrime di gioia: “Ho ripercorso vent’anni di carriera in novanta minuti: stupendo. Grazie a tutti!”
by Redazione Calcio Dilettante Veronese 6 Maggio 2014Fermare il tempo per novanta minuti. Correre in campo e con la mente. A più non posso, col cuore gonfio d’orgoglio e gli occhi lucidi per le lacrime di festante commozione. La sua ultima partita, Stefania Marcazzan l’ha vissuta così: intensamente, godendosi ogni momento, riscoprendosi bambina ad ogni giocata, ad ogni passaggio, ad ogni affondo. Per novanta minuti ha toccato con mano quella che, poeticamente, definiremmo epica della sensazioni. Il suo addio al calcio è stato questo, e molto altro ancora. Ha corso lungo quella fascia sinistra che l’ha ospitata per una vita l’ultima volta.
Era casa sua: Stefania era un’inquilina delle corsie laterali. Una di quelle che corrono sempre, per attaccare, per difendere, per inventare, per interdire, o più semplicemente per giocare. Sì, giocare: un verbo semplice e genuino, che l’ha accompagnata una vita intera dipingendole un radioso sorriso in volto. Settepolmoni inesauribile, Stefania s’è congedata come meglio non poteva. E ora, sentito l’ultimo triplice fischio della sua carriera, si concede ai ricordi, in un viaggio commovente, e ai ringraziamenti, sentitissimi, che vuole dedicare a tutta la Fortitudo.
“La fine della mia carriera da giocatrice non è un traguardo, ma spero l’inizio di un percorso diverso dove poter esprimere ciò che ho imparato negli anni a livello umano. La Fortitudo è stata una grande famiglia e vorrei continuare a sentirmi a casa ogni volta che torno e poter rendermi utile in altri modi.
È grazie a loro, alle mie compagne e soprattutto a mister Mafficini se ho concluso questo capitolo di vita in una modo indescrivibile. Ho pianto di gioia: non so davvero come ringraziarli, mi hanno regalato emozioni che porterò per sempre nel cuore. Per un po sono tornata bambina ma con la consapevolezza di adulto: un’emozione indescrivibile. Grazie di cuore a tutti, di nuovo”.
Problemi alle ginocchia le hanno consigliato di fermarsi. Stefania, armandosi di buonsenso, ha optato per la decisione più assennata. Dolorosa, ma logica. Ma nessuno le toglierà dal cuore l’orgoglio per essersi rialzata tante volte, anche dopo gli infortuni più gravi.
“Nella mia carriera calcistica ho ammirato molto Roberto Baggio. Molti si soffermano sulle qualità calcistiche ma io l’ho ammirato anche per la determinazione e per la capacità di rimettersi in piedi dopo ogni infortunio.
Io ho subito nel giro di 5 anni due infortuni ai legamenti crociati di entrambe le gambe, di cui uno a 16 anni e l’altro a 21. Gli anni dove dovresti dare il meglio. Sono stati una grande penalità, quando ho subito il primo a 16 anni ero appena entrata nella rosa della serie A e avevo fatto 2 provini per la Nazionale, ma non mi sono arresa, mi sono posta degli obiettivi per poter tornare il prima possibile in campo e ce l’ho fatta. La seconda volta che mi sono infortunata mi sono operata ed in 3 mesi ero in campo”.
Questa è Stefania Marcazzan, una vita per il calcio.
“In questo ultimo mese ho ripercorso 20 anni di vita nel mondo del pallone, anni dove ho conosciuto molte persone e coltivato amicizie che porto avanti tuttora. Anni di sacrifici, anni che hanno contribuito a farmi diventare la donna che sono oggi.
Il calcio, come tutte le altre attività sportive, è una possibilità di crescita, un modo per esprimersi, una palestra per imparare giocando che nella vita si vince e si perde.
Nulla è per caso: c’è un motivo perché da piccoli si sceglie uno sport individuale o di gruppo. Io la penso così. Ma questo lo capisci molto più avanti perché da piccolo quello che conta è divertirsi ed io amavo farlo all’aria aperta, e quanto bello era correre sotto la pioggia: che sensazione di leggerezza. Poi da piccolo sei spensierato e quando la mente è libera da ogni preoccupazione riesci a dare il meglio di te. Crescendo invece capisci quanto la testa sia fondamentale oltre alla preparazione fisica.
Io dalla parte mia ho scelto uno sport di gruppo per il mio carattere esuberante, per la voglia di condividere, una possibilità di crescita di confronto una possibilità di mettersi in discussione. Le trasferte non sono stati solo chilometri percorsi per disputare una partita: sono stati momenti di svago per staccare e liberare la mente, ma soprattutto di condivisione con il gruppo. Momenti utili per conoscere meglio le compagne e capire che persona ci sia dietro a quella che tu conosci solo come giocatrice. Ecco, questo è stato il mio calcio, e lo sarà ancora per sempre, qualsiasi sia la veste che ricoprirò in questo mondo, nonostante io abbia deciso di smettere come giocatrice. Ringrazio ancora tutti: vi porterò nel cuore”.