Davide Tosi terzino sinistro, Paolo Maldini centrale. Non è fantasia, solo il racconto di un pomeriggio come tanti per uno e indimenticabile per l’altro. Anno 1984, l’attuale team manager del Caldiero, allora giovane promessa dell’Audace, parte da Verona direzione Parma insieme ai compagni Alberti e Redi. Li aspetta un provino col Milan, con cui la grande Audace aveva all’epoca una corsia preferenziale.
La stessa che sarebbe servita loro per evitare il traffico di quel giorno: i tre arrivano in ritardo e perdono tutto il primo tempo della gara fra gli Allievi del Milan e della Juventus. A bordocampo i supervisori Fabio Capello e Francesco Zagatti. E Iro Di Brino, storico presidente dell’Audace. Davide va in campo dopo l’intervallo, fa il suo con personalità e inizia a chiedersi chi sia quel ragazzo vicino a lui che non fa passare una mosca, gioca da fenomeno e corre veloce come un centometrista. «Non capii nulla quando mi diedero la maglia del Milan», ricorda Tosi. «Solo alla fine, dopo la doccia, mi dissero che quello era Paolo Maldini. E pensare che Di Brino dopo quella gara mi rassicurò, dicendomi che il Milan mi avrebbe preso. Non andò proprio così, ma conserverò fra le mie pagine più belle l’emozione di quel giorno e le immagini a Novantesimo Minuto di Maldini che debutta a Udine due anni dopo».
Il resto della storia è noto. Maldini da allora vince sette scudetti, cinque volte la Supercoppa Italiana e la Coppa dei Campioni, due volte l’Intercontinentale, una volta il Mondiale per Club con 647 presenze in Serie A e 174 nelle competizioni Uefa. Tosi invece, dopo gli esordi all’Atletico Borgo Trieste, con l’Audace è promosso in Prima categoria (allenatore Giarola) proprio mentre Maldini gioca la prima in A.
Ma il lavoro obbliga Tosi, dopo la leva, a prendersi meno impegni e a scegliere il calcio degli Amatori e del Bar Lucio dove, davanti a una birra, si sarà visto tutti i successi di Maldini, suo vecchio compagno di squadra. Anche se solo per tre quarti d’ora.